Sono passati ormai più di trenta anni da quella notte in cui sbarcammo all’aeroporto di Delhi abbastanza preoccupati. Era il primo viaggio in India e non sapevamo che cosa questo immenso paese avesse in programma per noi. L’arrivo non mitigò di certo le nostre apprensioni. Fummo accolti, una volta usciti dall’aeroporto, da una nebbia fittissima e da mille occhi neri che ci fissavano apparentemente senza espressione. Erano le tre di notte, ma sembrava  fossero le dieci di mattina. Come avemmo modo di scoprire in seguito, in India la vita scorre 24 ore al giorno. C’è sempre una moltitudine di esseri umani ed animali, che vaga a tutte le ore del giorno e della notte. Certo, 30 anni fa moltissime persone dormivano lungo i bordi delle strade ricoperte semplicemente da sacchi di iuta e migliaia di piccoli fuochi tentavano inutilmente di scaldarle. Oggi fortunatamente non è più così. Da questo punto di vista i progressi sono stati eccezionali e la situazione è notevolmente migliorata. Ma torniamo a noi. Dobbiamo confessare che per tutto il viaggio la tensione fu fortissima. Non so quante pasticche per il mal di testa prendemmo. La sera in albergo eravamo  distrutti, ma dovete comprendere che tutto quello che vedevamo era completamente diverso dal nostro vissuto quotidiano. Giravamo per le strade come due tonti, con i  cervelli  sollecitati da  flash continui, tante erano le immagini e gli odori che ci avvolgevano senza tregua. Eppure, fu proprio in quei primissimi giorni che contraemmo il mal d’India. Non è facile  spiegare come ci si possa innamorare di qualcosa che ti procura inquietudine e malessere, e ci vuole del tempo prima di intravedere una risposta.

Per certi aspetti fu un viaggio devastante, ma le emozioni di quel primo contatto con l’India sono indimenticabili. Ancora  oggi se ripensiamo al nostro ultimo giorno a Bombay, vediamo due occidentali che passeggiano per le vie del centro tenendo delicatamente per mano due piccolissimi scugnizzi, in un caldo afoso ed insopportabile. In quel momento, ancora non lo sapevamo, ma la nostra vita era già cambiata ed i nostri successivi trenta anni ne sono la dimostrazione.